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Tra le magiche atmosfere di una vacanza in campagna

AGRITURISMO

Il piacere della buona tavola

 

di Vincenzo Pitaro

 

NEL RIGOGLIO della natura, tra magiche atmosfere. Un habitat ideale, per un soggiorno sereno, in mezzo al verde e all’aria pulita. E soprattutto: un piacevole ritrovarsi fra amici.

L’agriturismo, anche in Calabria, è ormai una realtà. Un’alternativa ai luoghi di massa, per persone di gusto.

Sono circa duecento le strutture già attive e altre trecento, forse anche di più, si apprestano ad aprire. Insomma, il cosiddetto «turismo verde» fra non molto farà registrare la sua presenza (sia come ristorazione che come ospitalità) in quasi tutti i comuni della regione.

La possibilità di scelta, a tutt'oggi, è molto ampia: dai 65 metri di altitudine agli 800 e anche oltre. Un itinerario che va da Catanzaro a Lamezia, da Montauro Lido a Soveria Mannelli, da Petrizzi a Torre di Ruggiero, da Borgia a Gimigliano, da Conflenti a Cicala, da Cortale a Decollatura, da Falerna a Gizzeria, da Miglierina a Motta Santa Lucia, da Isca sullo Jonio a Guardavalle, da Pianopoli a Santa Caterina sullo Jonio, fino a Soveria Simeri. E ancora: da Altomonte a Orsomarso, da Albidona a Cerchiara di Calabria, da Tarsia a Corigliano, da Rossano a Calopezzati, da Acri a Bisignano, da Mandatoriccio a Cariati, da San Giovanni in Fiore a Dipignano, da Mormanno a Laino Borgo, da Colosimi a Morano Calabro, da Serra San Bruno a Brognaturo, da Spilinga a Nicotera, da Caccuri a Petilia Policastro, da Strongoli a Santa Severina, da Bova a Condofuri, da Gioiosa Jonica a Melito Porto Salvo, e via dicendo.

Aziende, naturalmente, tutte a conduzione familiare. Si tratta di piccoli «templi» della cucina tradizionale, dove persino il vino è prodotto in famiglia.

Qui si possono trascorrere allegre giornate, in un connubio perfetto tra natura e storia, tradizioni e ambiente, cultura, fascino del paesaggio e il piacere di una sacra ospitalità.

La cucina è a dir poco eccezionale. Saldamente legata alla dieta mediterranea, propone la scoperta di antiche ricette e di succulenti piatti di gastronomia contadina che restituiscono i sapori d’un tempo e gli aromi forti, con ingredienti di assoluta genuinità.

Chi va alla ricerca dei cibi perduti non resterà certamente deluso. Fra i primi piatti, in alcune aziende da noi visitate, è facile trovare - ad esempio - i «Maccarruni» come si facevano una volta, impastando la farina di grano duro con acqua e un pizzico di sale, senza il rinforzo delle uova. Non manca, poi, la famosa pasta con i ceci (Pasta e cíciari), la minestra che - proprio in questa regione, e più precisamente nella Silva Brutia tanto cara agli antichi Romani - rallegrò spesso anche Orazio, come lo stesso poeta dice nelle satire.

Altro piatto forte dell’agriturismo nostrano sono gli Strangugghjapréviti (strozzapreti) al sugo di capra.

Vuole la tradizione - lo abbiamo appreso in una di queste aziende - che, nei tempi andati, una buona massaia calabrese doveva essere in grado di confezionare la pasta in almeno quindici diverse maniere: «maccarruni», fusilli, filatelli, «paternostri», lasagne, fettuccine, taglierini e così via, fino ai sottilissmi capelli d’angelo, che - come ci viene assicurato - riuscire a farli non è davvero facile.

Le tradizioni, però, si sa, con i tempi che corrono, sembrano destinate a perdersi. Nelle aziende agrituristiche, tuttavia, per fortuna, è ancora possibile trovare delle autentiche specialità con i vari tipi di pasta fresca. È molto importante sapere queste cose, specialmente per il turista. Primo, per evitare di incappare nella gastronomia di routine e poi per avere determinate garanzie su ciò che si mangia.

Le minestre e i piatti di mezzo delle massaie calabresi, peraltro, sono un aspetto molto importante della nostra cucina, perché si riallaccia alle antiche culture dei Bruzi e della Magna Grecia.

Ogni portata (accompagnata da una miriade di tipo di pane, cotto nel forno a legna: dal grano integrale, al mais, fino a quello di castagna) è infatti costituita da generi, prodotti in azienda, rigorosamente ecologici perché indissolubilmente legati - come abbiamo detto - alla vita contadina e all’utilizzo di ciò che la natura offre.

Ma qual è il piatto solitamente più richiesto nelle aziende agrituristiche? «Più di tutti, il piatto dei nostri fusilli conditi col sugo di agnello», ci dice la signora Maria, in una di queste aziende. «Tutte le mattine, come abbiamo il pensiero di farci il segno della Croce, così dobbiamo avere quello di preparare, ferro alle mani, i fusilli. È una gran fatica, perché ce ne vogliano chili e chili. Comunque è una bella soddisfazione quando qualcuno, dopo aver pranzato o cenato, ci manda a chiamare perché vuole spiegato come abbiamo fatto un certo tipo di piatto! E sa qual è la cosa che più colpisce voi intenditori e buongustai? Il fatto che la maggior parte degli ingredienti sono prodotti da noi stessi, nella nostra campagna: le verdure, la farina, i sott’oli, i sott’aceti e anche i fagioli scritti. Sì, quelli della regina. Si chiamano così perché sono striati di rosso. Ma anche i polli, i conigli e il maiale sono quelli che alleviamo noi».

Evviva! Bisogna riconoscere che da un po’ di tempo a questa parte, gli operatori della ruralità e della naturalità sono davvero entrati in una nuova mentalità, riuscendo ad organizzarsi per corrispondere alle esigenze degli agri-turisti, che di giorno in giorno sono in continuo aumento.

Si sa, la gente che oggi sceglie la campagna intende sfuggire all’inquinamento cittadino, è gente che cerca il piacere della buona tavola, è salutista, ama lo sport e, per questo, vorrebbe anche trovare sul posto qualche efficiente impianto sportivo, praticare equitazione e trecking lungo i sentieri immersi nei caldi colori della macchia mediterranea.

Ma c’è dell’altro. Tra i frequentatori c’è pure chi desidera alternare il sollievo «vacanziero» della natura a emozioni artistiche, a incontri con la cultura.

Anche in questa direzione, qualcosa sembra incominciare a muoversi. A portare nell’agriturismo una ventata di arte e cultura, infatti, pare ci stiano pensando i proprietari dell’azienda «Pietà», nata da pochissimo tempo nell’omonina località del comune di Petrizzi, dove - solitario, adagiato su un poggio - svetta maestoso un monastero fatto costruire nel 1507 dal beato Francesco Marini di Zumpano.

Che dire di più? Con l’abbinamento cultura-gastronomia o solo con gastronomia e ospitalità (che comunque non è cosa da poco), l’agriturismo resta pur sempre un mondo tutto da scoprire. Un «mondo» che basta visitare una sola volta per restarne conquistati.

                                                                                       

Vincenzo Pitaro, I CALABRESI NEL MONDO, Mensile della Giunta Regionale della Calabria – Febbraio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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