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La
storica intervista a Gianni Versace Il Gran Maestro del made in Italy di Vincenzo Pitaro «Sono
sempre stato un irrequieto. Non ho mai amato le cose schematiche, i lavori
pianificati al millesimo. Mi piace creare, buttarmi in nuove imprese,
lavorare per la moda, per il teatro, per l’opera, per il balletto. Ogni
iniziativa arricchisce quella precedente in un’interminabile fusione di
esperienze e di messaggi, di modi di intendere la vita e le cose, di culture
profonde che mi coinvolgono man mano che vengo a contatto con le opere di
personaggi del balletto, come Maurice Bejart, della canzone come Ornella
Vanoni o della letteratura come André Malraux». Gianni
Versace, 45 anni, calabrese, stilista ormai noto in tutto il mondo, si
presenta così. Mentre
parla, gli occhi gli si fanno lucidi come se si commovesse del suo stesso
entusiasmo; un entusiasmo che è contagioso a chi gli sta vicino e che ha
coinvolto da subito la sua famiglia. Oltre
alla sorella Donatella, infatti, anche Santo Versace, il fratello maggiore, lavora
con lui, come presidente e amministratore delegato della Finanziaria Gianni
Versace S.p.A., capogruppo di una serie di società tutte controllate
dalla famiglia. Quell’entusiasmo non l’ha mai abbandonato nemmeno una volta,
da quando, il 5 febbraio del 1972, partì in aereo da Reggio Calabria, dove
viveva la sua famiglia, alla volta di Milano. «A
Reggio mi occupavo della sartoria e della boutique di mia madre», ricorda
Gianni. La
sua voce si fa ancora più dolce quando parla della madre Francesca, una donna
che purtroppo è mancata ai figli troppo presto. «Nell’azienda
di mamma, oltre ad acquistare modelli già pronti, la ditta Versace produceva
una sua linea che disegnavo io stesso in collaborazione con mia madre. Poi,
un giorno, mi chiamarono a Milano. Dovevo scegliere delle stoffe e realizzare
di corsa una collezione per la Florentini Flowers. La collezione
piacque tanto che i proprietari di quell’azienda, oltre a darmi i quattro
milioni pattuiti, mi regalarono un maggiolino Volkswagen». Quattro
milioni erano una cifra nel 1972, ma non sono nulla se confrontati con i
quasi quattrocento miliardi di fatturato che la Gianni Versace S.p.A.
realizza ogni anno tra l’abbigliamento uomo e donna, gli accessori, i
profumi, le piastrelle, gli occhiali, e le consulenze per altre linee di prêt
à porter, come Genny, Calla, Spazio, collaborazioni che in certi casi
Versace aveva ancor prima che decidesse di firmare i suoi vestiti. «Presentai
la prima collezione con il mio nome il 28 marzo 1978 alla Permanente di
Milano. Erano abiti autunno-inverno», racconta Gianni Versace. Dodici
anni fa, quindi, aprì la sua prima boutique esclusiva in via della Spiga, la
via del grande shopping di qualità a Milano, cui seguirono altre 110 boutique
che con 400 punti vendita in tutto il mondo distribuiscono i suoi fantastici
abiti. Il gioco della seduzione.
Se per certi stilisti (come, ad esempio, Giorgio Armani ch’è considerato
forse a torto il diretto concorrente di Gianni Versace), il rigore è il leit
motiv delle loro creazioni, per gli abiti di Versace la nota dominante è
l’essenza stessa della donna, la femminilità, ma anche la sua cultura. I
suoi abiti, dai colori mediterranei con un tocco di calabresità, non
rinunciano mai alla seduzione. Un gioco portato avanti senza alcuna
concessione alla volgarità, fatto di sottili ammiccamenti, di tessuti sempre
preziosi, dal cachemire alla seta, dal cotone alla sorazza (il sottile
tessuto di metallo che Versace ha fatto realizzare partendo da certi
grembiuli usati, sembra, in siderurgia e che oggi vengono studiati e
impreziositi con i computer). Ma
se molti suoi colleghi preferiscono non inoltrarsi in altri settori che non
siano la moda, Gianni Versace ama avventurarsi in tutto ciò che è cultura,
diventando lui stesso un fenomeno culturale, tanto che nel 1985 il Victoria
and Albert Museum di Londra lo ha invitato a presentare la sua Arte-Mode
davanti ad un pubblico di esperti e di studenti delle più importanti scuole
del Regno Britannico, mentre nel 1986 il National Field Museum di
Chicago ha ospitato una retrospettiva sui suoi ultimi dieci anni di attività
e il Musée de la Mode di Parigi apre una mostra titolata «Gianni
Versace: obiettivo moda», in concomitanza con il mese della foto inaugurato
da Jacques Chirac, all’epoca sindaco di Parigi, che alla fine di un lungo
discorso sullo stilista calabrese gli ha conferito un’importante
onorificenza. Fortunatamente,
intanto, anche il mondo politico italiano aveva capito il valore di Versace e
gli aveva attribuito dei riconoscimenti. «Da
capo dello Stato, Francesco Cossiga, mi ha conferito l’onorificenza di
Commendatore al merito della Repubblica italiana», dice Gianni, «e la cosa mi
ha fatto molto piacere perché certe volte non bastano le cifre dei fatturati,
il plauso degli esperti... Certi riconoscimenti toccano il cuore. Quando
lavoravo a Reggio Calabria, con mia madre, ricordo che la sentivo più felice
per i modelli che realizzavo che per i soldi che entravano in casa». Detesta il presenzialismo.
Colto, amante delle buone letture, appassionato d’arte antica e moderna,
Gianni Versace odia qualsiasi tipo di presenzialismo e a memoria d’uomo non
si ricorda una sola uscita in pubblico che non sia legata direttamente al suo
lavoro. E tuttavia conosce molto bene la principessa Diana d’Inghilterra, ha
avuto Bruce Sprinsteen più volte ospite nella sua villa sul lago di Como,
frequenta Sting, per il quale ha realizzato un frac che si trasforma in uno
smoking per i suoi spettacoli, Cher, Prince, Don Johnson. Perfino Jane Fonda,
apparentemente restia agli abiti da sera, ha prima comprato da lui alcuni
abiti preziosi e poi gli è diventata amica. Infine c’è Ornella Vanoni, sua
grande estimatrice da molti anni, che gli è sempre vicina (tanto che è stata
testimone di nozze della sorella Donatella con l’americano Paul Beck, oggi
collaboratore di Gianni per la collezione uomo). Eppure,
nonostante tutte queste conoscenze, Gianni Versace non ama le grandi feste,
vive appartato nella sua fantastica casa di Milano, arredata con preziosi
mobili imperiali e arricchita da statue del periodo greco-romano. Questa
casa, che apparteneva un tempo agli editori Rizzoli, è diventata il centro
del suo impero. Ma
è a Moltrasio, sul lago di Como, che Gianni Versace passa forse le sue ore
intimamente più felici. «Dopo
ogni collezione e ogni nuova impresa è lì che vado a riposarmi, in famiglia,
con Donatella, Santo, i miei cognati e i miei nipoti», confessa. «E’ in quei
momenti che afferro il vero senso della vita e capisco il perché di tutto
questo mio gran lavorare». (Vincenzo Pitaro su L’altra Calabria, n° 1, ottobre 1991) |
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